Responsabilità dell'avvocato: non basta l'errore, occorre pure la prova di un danno

Responsabilità dell'avvocato: non basta l'errore, occorre pure la prova di un danno
23 Maggio 2017: Responsabilità dell'avvocato: non basta l'errore, occorre pure la prova di un danno 23 Maggio 2017

Le cause del nostro studio

L'avvocato è esente da responsabilità se il cliente ha dato prova solo dell'errore del professionista nell'adempimento del mandato, e non anche di aver subito in conseguenza un danno “attuale e consumato”.

A dirlo il Tribunale di Treviso che, con le sentenze nn. 1984/2016 e 581/2017, ha dimostrato di aderire all'oramai univoco orientamento giurisprudenziale di legittimità, per il quale “la responsabilità dell'avvocato non può affermarsi per il sol fatto del suo non corretto adempimento dell'attività professionale, occorrendo verificare se l'evento produttivo del pregiudizio lamentato dal cliente sia riconducibile alla condotta del primo, se un danno vi sia stato effettivamente e, infine, se, ove questi avesse tenuto il comportamento dovuto, il suo assistito, alla stregua di criteri probabilistici, avrebbe conseguito il riconoscimento delle proprie ragioni, difettando, altrimenti, la prova del necessario nesso eziologico tra la condotta del legale, commissiva od omissiva, ed il risultato derivatone”.

I CASI. Sventurati protagonisti delle vicende conclusesi con le sentenze nn. 1984/2016 e 581/2017 tre avvocati.

Nel primo caso, un commercialista aveva convenuto in giudizio l'avvocato cui aveva conferito mandato di provvedere al recupero del proprio credito nei confronti di una società, chiedendone la condanna al risarcimento del danno subito a causa dell'“omessa tempestiva attivazione dell'azione giudiziaria” contro la predetta debitrice ovvero contro il fideiussore.

Infatti, al difensore veniva imputato il fatto che, pur avendo egli intimato il pagamento immediato del credito mediante lettera raccomandata, non aveva tuttavia attivato “né l'azione giudiziaria contro la debitrice principale né quella contro il fideiussore, così precludendo la possibilità per l'attore di far valere le sue pretese creditorie verso il fideiussore, soggetto solvibile”.

L'avvocato si era costituito in giudizio, in particolare evidenziando come, nonostante fossero rimaste “validamente esercitabili le azioni giudiziali nei confronti dei soci … che si erano personalmente assunti il debito nei confronti dell'attore”, l'attore gli aveva, tuttavia, “comunicato di non volersi attivare nei loro confronti, affermando di voler essere risarcito dal convenuto”.

Aveva, pertanto, contestato che l'assistito avesse subito un danno patrimoniale e, in ogni caso, che sussistesse un nesso causale tra la condotta contestata e l'asserito danno, quest'ultimo invece “imputabile esclusivamente ad una scelta dell'attore”.

Nel secondo caso, un fallimento aveva convenuto in giudizio due avvocati (dominus e domiciliatario), chiedendo che venissero condannati al risarcimento del danno per aver esercitato l'azione esecutiva immobiliare contro l'ingiunto, nei cui confronti era stata emessa un'ordinanza immediatamente esecutiva ex art. 186 ter c.p.c., omettendo tuttavia di “assicurare la c.d. spedizione in forma esecutiva dell'ordinanza-titolo esecutivo”.

Al dominus, in particolare, veniva imputato il fatto che “nella consapevolezza dell'indicato vizio del titolo coltivò l'azione esecutiva rifiutando colpevolmente di accettare una proposta transattiva”, per poi optare per “l'abbandono della procedura … in circostanze del tutto ignote al fallimento”.

Gli avvocati si erano costituiti in giudizio, contestando le pretese attoree e chiedendone il rigetto.

LE SENTENZE. In entrambi i casi il Tribunale trevigiano ha riconosciuto l'inadempimento degli avvocati nell'attuazione del rapporto professionale con i rispettivi clienti.

Con la sentenza 1984/2016 ha imputato all'avvocato di aver “omesso negligentemente un atto doveroso che il mandato professionale gli avrebbe imposto di compiere (ossia l'escussione del fideiussore entro il termine semestrale previsto dalla legge)”.

Con la sentenza 581/2017 ha, invece, ascritto al dominus l'inadempimento nell'attuazione del rapporto professionale con l'attore, poiché la scelta di rinunciare agli atti dell'esecuzione forzata immobiliare fu dettata da un errore tecnico-giuridico certamente evitabile … Il fallimento si precluse così ogni chance di ricavare utilità dal processo esecutivo, che non poteva essere inficiato … infatti, … non venne proposta opposizione agli atti a causa della mancata spedizione in forma esecutiva, sicché il vizio formale fu ben presto sanato, col decorso del termine ex art. 617 c.p.c.”.

Nonostante i conclamati errori dei difensori, in entrambi i casi il Tribunale di Treviso ha, tuttavia, rigettato le domande risarcitorie avanzate nei loro confronti dai clienti, per non aver costoro dato prova di aver subito un danno.

Nel primo caso, il Giudice ha ritenuto che, “pur a fronte di tale pacifica negligenza e imperizia, non è stata in alcun modo dimostrata la sussistenza di un danno ingiusto in capo all'attore: infatti, quest'ultimo non ha provato di avere integralmente esperito, con esito in ipotesi negativo, le concorrenti azioni di recupero del credito nei confronti degli altri coobbligati in solido (in particolare, i due soci della società); anzi, è a dirsi che l'attore non ha nemmeno provato di avere ottenuto un titolo esecutivo nei confronti dei soci debitori, nonostante disponesse di un riconoscimento scritto del debito da parte di questi ultimi … Residua, peraltro, il dubbio che l'azione contro il fideiussore potesse giungere a buon fine, posto che quest'ultimo negò di avere mai sottoscritto la lettera di garanzia”.

Conseguentemente, per il Giudice trevigiano “il danno lamentato da parte attrice risulta(va) meramente virtuale e non già attuale e concreto, avendo tutt'al più egli perso la semplice chance di recuperare il credito da uno dei coobbligati, ma senza che ciò si sia tramutato … in un danno attuale e consumato”.

Nel secondo caso, il medesimo Tribunale ha evidenziato come “l'esecuzione non consentì di ricavare alcuna utilità poiché … al 25.2.2017 ancora non risultava trascritto alcun decreto di trasferimento contro il debitore esecutato …

A tutt'oggi, dopo tanti anni dall'inizio del processo esecutivo, ancora non risulta dimostrato nulla quanto a mancata percezione di utilità dalla vendita forzata. Tale essendo la dinamica del procedimento esecutivo, da questo punto di vista la rinuncia, seppure frutto di una scelta difensiva tecnicamente erronea, si rivela ininfluente” e, dunque, “mancando la prova del danno”, “l'inadempimento degli avvocati convenuti … non determina(va) l'obbligazione risarcitoria”.

Ritenuta non raggiunta la prova del danno lamentato dai clienti, entrambe le sentenze hanno pertanto concluso per il rigetto delle domande risarcitorie che costoro avevano avanzato nei confronti degli avvocati che li avevano assistiti.

 

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